Il Brescia precipita in zona playout e il presidente rilancia la sua crociata contro la “macumba”
“Qualcuno ci ha fatto riti voodoo”. Massimo Cellino non usa mezzi termini per spiegare la drammatica situazione del suo Brescia, precipitato in zona playout dopo la rocambolesca sconfitta nel derby contro il Mantova. Un epilogo crudele, con il gol-vittoria di Juric annullato dal VAR per un fuorigioco millimetrico e la beffa firmata Radaelli al 95′, che ha riacceso nel presidente l’antica ossessione: la lotta contro la sfortuna.
La “macumba” sul Brescia e i numeri maledetti
Il numero 17 perseguita le Rondinelle come un fantasma inquieto. La statistica è impietosa: sconfitta nel 17° derby con il Mantova giocato a Mompiano, gol decisivo segnato dal numero 17 Radaelli, 17 punti conquistati in casa e altrettanti in trasferta. Una coincidenza numerica che per un uomo superstizioso come Cellino rappresenta la prova definitiva di una maledizione in corso.
La fobia per il 17 è storica nel repertorio del patron: al Rigamonti, come già aveva fatto al Sant’Elia di Cagliari, non esiste alcun posto con questo numero in nessun settore. Quando approdò al Leeds, la prima richiesta fu di non convocare il portiere irlandese Paddy Kenny, “colpevole” di essere nato il 17 maggio, mentre Michael Brown, che indossava proprio quella maglia, fu tra i primi a essere ceduto.
Proprio come nella roulette su Zetcasino.me, dove molti giocatori evitano sistematicamente certi numeri considerati sfortunati, Cellino ha costruito un’intera filosofia calcistica intorno all’evitamento di simboli e date nefaste.
L’arsenale anti-iella: dal sale al vescovo
La battaglia contro la sfortuna si combatte con un armamentario variegato. Per esorcizzare la maledizione che sembra abbattersi sul Brescia, Cellino non ha esitato a invitare al Rigamonti il vescovo Tremolada – coincidenza nel cognome con l’ex fantasista protagonista dell’unica promozione dell’era Cellino nel 2019.
Il repertorio scaramantico del presidente biancazzurro è vasto e collaudato: spargere sale a bordo campo, invertire le panchine in caso di serie negative, fingere di sfilarsi una lacrima da lanciare verso il rigorista di turno (gesto ripetuto anche contro il Mantova, senza successo), portare in tasca l’immagine di Fra’ Nazareno da baciare dopo ogni gol.
L’episodio più eclatante risale al 2011, quando chiese ai tifosi del Cagliari di vestirsi di viola per una partita contro il Novara in programma venerdì 17: un tentativo di esorcizzare il numero maledetto sovraccaricandolo di un altro elemento tradizionalmente infausto come il colore viola.
La gestione alla Cellino: tra decisioni impulsive e superstizione
La scaramanzia influenza anche le scelte tecniche e dirigenziali. Durante la sua lunga gestione a Cagliari (22 stagioni), Cellino ha spesso mescolato valutazioni calcistiche e considerazioni “esoteriche”. Emblematico il caso di Allegri, a cui fece “cambiare il colore della tuta” e persino l’appartamento perché “non portava bene”, attribuendo a queste modifiche il merito di una clamorosa rimonta.
Questa gestione sui generis ricorda quella di altri presidenti con forte personalità, come Simone Inzaghi che gestisce l’Inter con uno stile sempre più diretto, anche se con metodi decisamente più convenzionali.
Le conseguenze sportive e societarie della crisi
La zona playout complica i piani di cessione del club. Oltre alla preoccupazione per la salvezza, Cellino vede complicarsi il progetto di vendere il Brescia senza svenderlo. La posizione di classifica precaria rende meno appetibile l’investimento per potenziali acquirenti, creando un circolo vizioso che il presidente sta cercando disperatamente di spezzare.
La prossima trasferta a Cosenza assume contorni da brivido: proprio i calabresi, due anni fa, condannarono il Brescia alla retrocessione in C in un drammatico spareggio-playout, una discesa poi cancellata dalla riammissione estiva al posto della Reggina. Un precedente che Cellino ricorda bene e che vuole esorcizzare a tutti i costi.
Una battaglia su due fronti
La lotta per la salvezza del Brescia si combatte quindi su due fronti: quello sportivo, con la necessità di fare punti nelle ultime decisive giornate, e quello “soprannaturale”, con Cellino impegnato nella sua personale crociata contro la malasorte.
Contestato dalla tifoseria e pressato dai risultati negativi, il presidente non sembra voler cambiare approccio. Per lui, la strada per la salvezza passa tanto dal campo quanto dai rituali scaramantici che da sempre accompagnano la sua carriera da dirigente.
Se la salvezza arriverà, Cellino non avrà dubbi nell’attribuire il merito anche alle sue pratiche anti-iella. Se invece dovesse materializzarsi lo spettro della retrocessione, sarà l’ennesima conferma che qualche potente “cugurre” – come direbbe lui in sardo – continua a perseguitare il suo Brescia.